Tuesday, June 30, 2009

Invent




Su IHT ieri mattina Thomas Friedman (che quando non parla di "green" è ancora il mio scrittore preferito) ha puntualizzato la sua posiszione a proposito della direzione che gli Stati Uniti ed il resto del mondo devono prendere in reazione alla crisi economica. Il titolo, piuttosto diretto, era "Invent, invent, invent". Piuttosto che stampare banconote, secondo Friedman, sarebbe più utile tornare a stampare talenti in maniera significativa: Thomas Edison, Bill Gates, Sergei Brin,Larry Page, alcune delle proposte per un'intensa produzione seriale. I talenti, i cervelli, non gli stimulus pack, sono quelli che creano ricchezza reale e prospettiva. Per fare questo, ovviamente, bisogna puntare sull'istruzione di eccellenza, sulle Università, che non devono essere poste in concorrenza con le vicine di stato (nel caso degli USA), ma essere rapportate al benchmark più competitivo. Anche le università "first tier" devono pertanto continuare a spingere in alto la competizione, inseguendo il primo della classe.


Questo può sembrare un ragionamento del tutto logico, quasi banale, ma se ricondotto alla situazione italiana può davvero fare paura. L'assenza di competitività su scala internazionale è davvero preoccupante. In Italia ci bulliamo sostanzialmente di due università (Politecnico di Milano e Bocconi), quasi come se fossero due meraviglie, ma la realtà è un'altra: quello che noi consideriamo eccellenza, per il resto del mondo è magra normalità.


Credo che buona parte di questi problemi nasca dall'eccessiva estensione del numero degli atenei e dei corsi di laurea. Sebbene l'ampliamento della base degli studenti abbia portato ad un incremento dell'"alfabetizzazione", è altrettanto innegabile che la maggior parte delle istituzioni minori abbia creato un immensa massa di studenti poco qualificati e, ancor peggio, del tutto privo di obiettivi. La dinamica dello "studiare per forza" è quanto di più dannoso possa esserci per preservare la qualità degli insegnamenti. Forse l'istituzione di corsi di avviamento al lavoro sarebbe più utile per chi non ha le idee chiare al momento della scelta post-maturità, e restituirebbe un po' di aria al mercato del lavoro.




JS

Friday, June 26, 2009

The biggest Show on Earth: Jacko


E' stato una statua prima di morire. E' stato la più grande star che il mondo abbia mai conosciuto. Ha vissuto su questa terra come una divinità e per questo ha creato il suo Olimpo, Neverland: per preservare la sua natura messianica, troppo spesso scambiata per disequilibrio. La sua immagine ha dovuto perdere di concretezza; ancor prima della morte organica c'era stata la morte fisica, che ha fatto del suo corpo un mero mezzo per deambulare. Michael Jackson non era sè stesso, era la rappresentazione di sè stesso. Le immagini simboliche, i simulacri, il Pop, nella sua più vera rappresentazione, oltre Warhol, oltre Koons. Lui è stato più grande, perchè ha utilizzato sè stesso, nessun altro supporto, per permettere alla sua arte di esplodere. Le metarmorfosi della carne sono state soltanto il primo passo di avvicinamento verso quell'eternità che si era già guadagnato.

Jacko è stato il più grande Show mai portato sulla scena di questo piccolo mondo. Uno spettacolo che non cesserà mai di andare in scena, perchè già da molto tempo non aveva più bisogno di un corrispettivo umano.


JS

Saturday, June 20, 2009

One-bite Movie Break | Martyrs et l'école francaise


Così come Dario Argento ha rinnovato il registro dell'horror negli anni '70, i francesi, adesso, stanno tracciando la strada da seguire; tre prove su tutte sostengono questa tesi: Alta Tensione e Le Colline hanno gli Occhi, di Alexandre Aja e, Frontiers, di Xavier Gens. I primi due in particolar modo dimostrano che esiste una maniera "sottile" per rispondere alle nefandezze che provengono dagli Stati Uniti. La nuova frontiera dell'horror francese riporta il genere ad una dignità ed a una fruibilità più estese, tramite un modo di fare cinema che si cura della scrittura (personaggi e tempi) e della forma (le musiche sono sempre strepitose). I "mostri" non sono mai lì per offendere scriteriatamente e le vittime non sono mai lì a porgere le loro carni come agnelli sacrificali. In qualche modo è come se la lezione di Hostel fosse stata ascoltata, appresa ed elevata. In estrema sintesi direi che è proprio quell'aura di realismo e di verosimilità la vera cifra di questa sorprendente e piacevole corrente.


Dopo aver inquadrato il frame principale veniamo a Martyrs, il film che più di ogni altro darà la consacrazione alla scuola orrorifica francese, in quanto rappresenta, forse, la maturità del genere, il diamante che brilla di più, il cavallo che ha corso più veloce degli altri.

Martyrs non è soltanto un grande horror, è un grande film che ridefinisce da cima a fondo gli standard del genere. E' un film colto, profondo, crudo e scioccante; nonostante la stordente quantità di sangue non si riesce a togliere lo sguardo dallo schermo. L'attenzione per il dettaglio, l'amore per la verosimiglianza e, al contempo, il desiderio di trascendenza, sono mescolati con continuità, come in un viaggio verso la fine, che essa sia la morte o Dio. L'ascesi (che è poi il vero punto del film) non è soltanto raccontata, ma dimostrata: in una serie di passaggi, tremendi ma anche struggenti, gli autori portano lo spettatore per mano fino alla loro tesi finale, che, ad oggi, è anche la più credibile ed emozionante rappresentazione di Dio che abbia mai visto.

Lo so, sembrano "parole grosse" ma vi assicuro che Martyrs vi lascerà qualcosa che difficilmente dimenticherete.

Riportando la trattazione su toni più pragmatici, la più grande trovata narrativa sta nel drastico cambio di prospettiva che, verso la metà del film, vira completamente il punto di vista, dopo la morte della "protagonista". L'ultima volta che ho visto maneggiare con tanta cura una sterzata così drastica è stato alla morte di Janet Leigh in Psycho. E ho detto tutto.

Se proprio, poi, vogliamo trovare il pelo nell'uovo, allora diciamo che l'unico piccolo difetto sta, forse, nell'eccessiva lunghezza di uno-due passaggi e in qualche indugio di troppo quando il ritmo richiedeva un po di combustibile.

resta comunque una prova di assoluto spessore artistico e narrativo che, anche se vi inorridirà, merita di essere gustata a nervi tirati.


Wednesday, June 10, 2009

The Magaziner | IL: Intelligence in Lifestyle



Il mio nome è Edoardo Bonaccorsi e "The Magaziner" è la rubrica che curerò all'interno di "Life is a Show"; cos'è? Semplice, prendo un magazine (se mi gira anche un quotidiano) e ve lo recensisco. Un modo per scoprire lati nascosti dell'editoria nazionale ed internazionale, o per vedere sotto un diverso punto di vista qualcosa che abbiamo ogni giorno tra le mani. Esattamente come si fa per i dischi. Recensione e voto (in base 5 stellette, proprio come per i dischi).

IL: Intelligence in Lifestyle - Il maschile del "Sole 24 ORE".
Paese: Italia - Stellette: 4,5/5
Periodicità: mensile

Quando l'estate scorsa ho avuto tra le mani il primo numero di IL mi son detto "per essere un magazine ad alta tiratura non sembra essere italiano". Ed è esattamente la prima cosa che ti viene da pensare avendolo tra le mani. Diciamo pure le cose come stanno: è il miglior mensile italiano.

Prendete una buona dose di Monocle, aggiungete More Intelligent Life dell'Economist e condite con una spruzzatina di L'Europeo, dell'edizione domenicale del Sole 24 ORE e degli articoli apolitichi de Il Foglio. Dimenticavo, visto che ci siete prendete pure Class e bruciatelo nel caminetto, che fa una bella fiamma. In poche parole IL è apparentemente perfetto.

La grafica è eccezionale, pulita che sembra essere quella di Monocle, ma con quel vezzo pop in più che toglie quell'aria perfettina un po' antipatica del mensile di T. Brulè.

Gli articoli son tutti di approfondimento, risultano molto interessanti anche se la maggior parte di loro manca di una vera carica giornalistica: sotto sotto resta sempre un maschile.

Questo in fondo è l'unico motivo che mi ha portato a non dare tutte le 5 stellette, tuttavia la perfezione è antipatica, brutta, noiosa; quindi IL – non essendo perfetto – è assolutamente perfetto.

Thursday, June 04, 2009

David Carradine: Kill Bill


Oggi è morto David Carradine.
Non sono mai stato un amante del genere di film in cui lui spadroneggiava. L'ho conosciuto come Bill.
"Bill" è morto e mi piace pensare che a farlo sia stata Black Mamba.


JS