Wednesday, May 02, 2007

Studio 54: those dancing days are gone


Sul New York Magazine (http://nymag.com/news/features/31276/), in questi giorni si festeggiano i 30 anni dalla chiusura dello Studio 54, probabilmente il più grande locale notturno della storia. Attraverso un malinconico then and now di alcuni dei superstiti si cerca di rievocare spiriti perduti, con un'operazione-nostalgia dal sapore un po grottesco. Sono tutti bravi a piangere su coloro che per decenni erano considerati i freak di Park Avenue.

Chiaramente, per la mia giovane età, non ho potuto mettere mai piede in quel circo dell'eccesso, ma sono sicuro che ne sarei stato abitué, se solo i decenni me lo avessero permesso. Chi mi conosce sa, che non per le esuberanze chimiche, ma per quelle di colore, quel posto mi avrebbe inghiottito. E' stato il primo fenomeno di legittimazione del locale notturno, prima di esso la "discoteca" era vista come convoglio di balordi. Steve Rubell, che ha pagato con la vita questa sua grande opera, creò un mondo parallelo dove si mescolavano "princes and waitresses" con la stessa dignità. Su quel palco andava in scena uno spettacolo assoluto, recitato d'improvvisazione dai personaggi cui era consentito farne parte. I principi di diversity, che oggi le migliori business schools vanno ricercando affannosamente, erano già stati ampiamente anticipati. Lo spettacolo non era condotto dall'environment, dalla struttura, piuttosto si basava sulle interazioni dei personaggi stessi, che erano accuratamente selezionati per non deludere le reciproche aspettative. Come tutti i capolavori, lo Studio 54 è bruciato repentinamente della sua stessa fiamma, troppo ardita. Conosciamo tutti la gelosia degli Dei, e le punizioni riservate a noi, piccoli umani, quando ci avviciniamo troppo a certe rappresentazioni.


Quella fiamma fu talmente forte che i suoi bagliori sono ancora visibili, presenti nella memoria storica di generazioni di edonisti, di chi vi prese parte e di chi ancora non era nato. Ian Schrager, socio e amico di Steve Rubell, si è concesso un second act, segno che lo Studio non fu soltanto un colpo di fortuna. La sua catena di Hotel (Ian Schrager's) rappresenta una meraviglia di narcisismo. Delano, Hudson, Gramercy, Royalton, 40Bond, Paramount, sono alcuni dei capolavori, figli dello Studio54, in cui quello spirito rivive, come un affresco cristallizzato.

Io ho dormito al Paramount, Manhattan. Nella mia stanza, completamente bianca, troneggiava un altissimo letto king size, la cui testiera portava una "Dama con l'ermellino" stampata su plastica. Princes and waitresses, ancora una volta le divinità dormivano con i comuni mortali.


JS

3 commenti:

Feadin said...

Ciao, ho provato a scriverti ma mi dice che l'indirizzo che mi hai dato non è valido...

October - www.directorscup.it

Jacopo Signani Corsi said...

ti ho scritto si direstors cup. cosi riprovi... ciao.

Andrea Maggiani said...

potrei anche appoggiare quello che tu dici ma il primo concetto di discoteca risale a prima dello studio 54 è lagato al loft di David Mancuso è li che tutto a preso forma e che gente come larry leavan a preso ispirazione e ha dato vita al sogno musicale dello studio 54.