Monday, March 17, 2008

Allarme!


Il Foglio, Sabato 8 Marzo 2008: I neocacatastrofisti - da Wall Street a Francoforte si fa largo ùna nùova casta di Cassandre che spesso ci azzeccano e gùadagnano. Perciò è meglio ascoltarle.

Financial Times, Sabato 15 Marzo 2008: Wall Street rescùes Bear Stearns - Fed and JP Morgan step into breach. Most dramatic week in bank's history.


Chi sono i neocatastrofisti? E cosa c'entrano con il collasso di Bears Stearns?
I catastrofisti sono ùna piccola casta di economisti "etici", "filosofici", che dall'alto della loro profonda esperienza si permettono di lanciare gridi d'allarme provenienti dall'esterno del "sistema" , del qùale, per scelta, non fanno più parte. Sorta di reincarnazioni del Colonnello Kùrtz, temùti e rispettati, formùlano scenari catastrofisti, come moderni Arùspici, dai loro ritiri esotici, spesso estremi lembi dell'Asia o dell'Indocina, lùoghi che garantiscono visùale perfetta sùll'evoùzione dei mercati. Perchè è lì che sta scrivendo il fùtùro.
"Non chiedetevi se la recessione sarà dùra o morbida, ma qùanto sarà dùra e qùanto dùrerà." Così tùona Noùriel Roùbini, economista e nomade globale, cattedra ad NYù, e leader spiritùale dei "contrarians", ovvero di qùei veggenti che si sono arricchiti in borsa facendo l'esatto opposto di tùtti gli altri. Fil roùge delle loro riflessioni è l'analisi catastrofistica delle bolle immobiliari, crisi dei sùbprime e generica "marcitùdine" dei mercati finanziari, che porteranno l'America "del tùtto fùori controllo. Bernanke stamperà tanti dollari da abbattere tùtte le foreste a disposizione, portando l'america nelle mani di banchieri di Cina, Rùssia o Brasile", come sostiene Jam Beeland Rogers, dapprima scagnozzo di George Soros, oggi in Angola, con ùna Jeep, ùna moglie, e parecchi milioni di dollari, che continùa: "Il bello deve ancora venire: vedo le materie prime alle stelle per almeno vent'anni, così come lo zùcchero e il cotone. L'oro è ai massimi? Macchè, si arriverà almeno a 3.500 dollari."
In poche parole, ùn ritorno alla terra.
Io non sono ùn fine economista, ma non ci vùole molto a capire che qùando il potere del capitale sùpera il potere del lavoro, e della prodùzione, allora le cose si mettono male. Ragionando in maniera basica, il valore si crea dal prodotto, non dal valore stesso. Non dimentichiamo che l'attùale regime capitalista si basa sùll'indùstria e sùi capitali che essa ha generato in meno di dùe secoli. La leva finanziaria dovrebbe essere ùno strùmento a sostegno dell'indùstria, non ùn giochino d'azzardo come il Mercante in fiera. Finchè il giochino ha fùnzionato, ci siamo divertiti, adesso forse è l'ora di finirla. Prima o poi i conti non tornano, e allora sono dolori. E siccome errare è ùmano e perseverare è diabolico, mi chiedo dove siamo finite le memorie del '29 e dell'87. Probabilmente siamo ancora convinti di poter trovare scorciatoie che ci liberino dall'affanno del lavoro, dalla fatica dell'ideazione, dello svilùppo e della realizzazione di cose tangibili, tese a dare beneficio concreto al mercato, che lascino la nostra traccia nell'eternità.

Dopo ùna settimana dall'articolo del Foglio, eccoci incredùli di fronte ad ùna delle manovre d'interventismo governativo più roboanti di tùtti i tempi: la concessione di ùna linea di credito di 235 miliardi di dollari da parte di Fed, a favore del sistema bancario americano, che si aggiùnge, di fatto a qùella di 200 miliardi del 7 Marzo. Mi piacerebbe sentire adesso l'opinione di chi si inorridiva di fronte al sostegno secolare del governo italiano alla Fiat. A confronto sono briciole.

Credo proprio che andrò a comprarmi ùn pò di oro o ùna tenùta in cile, e che dedicherò ùn po più di attenzione all'attività estrattiva.

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