Sunday, July 27, 2008

The Dark Knight


Uno dei film che ho atteso di più nella mia vita, morte di Ledger a parte. Sono cresciuto con il Joker di Jack Nicholson, che ho amato all'infinito perchè l'ho visto ogni volta diverso, ogni volta un po più in profondità. Sono cresciuto con Tim Burton, di cui ho amato i freak, ancor più della inclinazione pop che, a dirla tutta, adesso non vedo nemmeno più, se non nei colori sgargianti dei soli Batman. Forse qualcosina anche nell'amore di quel Joker per il mercato e per l'adulazione della piazza. Questa premessa per chiarificare che non sono stato tenero nei confronti di Batman Begins e nemmeno di The Dark Knight, che ho comunque amato, in un verso o nell'altro.

L'esordio di Christopher Nolan nella serie è stato uno di quelli da tolgiere il fiato: Batman Begins è un capolavoro, profondo, epico, bello. The Dark Knight, invece, è stato sopravvalutato, come lo fu il Corvo a suo tempo, che si è caricato della tragica morte di Brandon Lee. Sabato scorso l'Herald Tribune riportava in prima pagina una mangnifica recensione di Manhola Dargis (assieme ad AO Scott la più autorevole critica vivente) e la cosa mi ha colpito: mai avevo visto dare tanta importanza ad un film. Nel bell'aricolo si è speculato sulle presunte contaminazioni post 9\11, sù qùanto i nùovi aspetti formali e morali del film siano figli della nùova America, qùella che si interroga costantemente sù chi siano i bùoni, chi siano i cattivi e su quali siano i sentimenti che li muovono. Chiunque, poi, si è scomodato ad esaltare la matrice caotica delle gesta del Joker, dando vita ad un battage eccessivo, ripetitivo ed addirittura un po' macabro laddove si è calcata la mano sulle vicende extracurrulari dei protagonisti (denunce a carico di Bale e morte di Ledger). Insomma, per l'ennesima volta mi trovo d'accordo con Mariarosa Mancuso (Il Foglio), quando, dopo aver premesso che si tratta di un "bel film", stigmatizza l'ostentata propensione alla ricerca dei significati che permea tutto il film, innervosendosi addirittura per "il disegnino" che Nolan non lesina mai quando si tratta di chiudere i passaggi meno comprensibili della lunga parabola morale del Cavaliere Oscuro.

In sostanza, credo che siamo giunti ad un capolinea, quello della accertata dignità dei film di supereroi, processo avviato nei primi anni 2000 (X-Men, Hulk, Spider-man, Iron Man, Hellboy, Hancock) e giunto adesso al pieno compimento. Non solo film per ragazzi, ma vere e proprie riflessioni sui grandi temi della vita attraverso le passioni dei supereroi, umani, troppo umani.

Oggi, sempre sull International Herald Tribune, AO Scott tuona: "A genre in danger of losing its superpowers". In poche parole siamo giunti all'osso. Se l'escalation di genere ha colmato progressivamente il divario con la drammaturgia umana, mirando sempre più in alto in fatto di contenuti, è possibile che lo scorso weekend siamo arrivati allo Zenith delle potenzialità. Per dirla ancora con Scott: "Any comic book fan knows that a hero at the height of his powers is a few panels removed from mortal danger". Ovvero, manca la sensazione di mortalità e di pericolo tangibile che rappresenta l'hubris delle narrazioni drammatiche. Dopo tutte le elucubrazioni sui perchè del bene e del male e qualche frase ad effetto ("se non muori da eroe, vivi così a lungo da diventare il cattivo") sappiamo che Batman vincerà e vivrà, Joker perderà, e morirà. Ci si interroga quindi sulla necessità di percorrere una strada cosi greve, insistita e, tutto sommato, parallela alla narrazione, quando ci si confronta con un'opera di finzione, che dovrebbe fare dell'agilità e dell'epica, non della riflessione costretta, la sua vera cifra stilistica. Le cose più belle, si sa, non devono essere spiegate ed è soprattutto per questo motivo che, a malincuore, non posso che definire The Dark Knight un capolavoro mancato, che tira verso "Before the devil knows you're dead" ma diventa, dopo un'ora buona di spettacolo puro, onesto e veramente profondo, il compito prolisso del più bravo della classe che disattende puntualmente le attese di un vero guizzo di talento perchè troppo intento a ribadire al professore che lui ha studiato più degli altri.


JS

5 commenti:

Anonymous said...

Mi dispiace dissentire... non credo che altra osservazione sia quanto più lontana dal senso stesso -nonché dalla potenza prolifera- del film, se non quella che hai scritto: "sappiamo che Batman vincerà e vivrà, Joker perderà e morirà". Per una ragione espressamente manifesta, che vede lo stesso Joker "penzolante" dal grattacielo denunciare la verità del rapporto tra lui e Batman...e cioè che non si tratta -primo caso assoluto di questa accezione- di Eroe e sua Nemesi -per cui innescare le classiche dinamiche di antitesi schiacciante in cui c'è chi deve e dovrà soccombre, per dinamiche intrinseche al gioco stesso, e affermando di conseguenza lo statuto dell'entità più forte- bensì di una vera e propria GIUSTAPPOSIZIONE delle auree e delle pulsioni delle due forze agenti...Joker chiarisce a Batman che non si tratta affatto di complementarietà tra loro, quanto di rispecchiamento...e la superficie dello specchio è drammaticamente unitaria nella sua schizofrenica scissione e proiezione nella superfice riflessa e che vi si riflette...per questo è fisiologicamente dichiarata la perenne INCESSABILE ancor più che incessante dialettica e "danza conflittuale" tra i due personaggi, che l'uno ha BISOGNO di non vederla recidere tanto quanto l'altro...per questo si capisce bene che se il film diegeticamente si interrompe dove i titoli di coda scorrono, è semplicemente perché il gioco a reiterazione è stata consacrato, esposto e inizializzato...con Joker che necessariamente scapperà di nuovo e farà da eterno -"inamovibile"- contrappunto alle leggi dell'esistenza. non solo a quelle di batman. Come dire -ma qui divento più soggettiva- che c'è bisogno del male perché si possa muovere (e smuovere) il bene...é questo che crea il Movimento proprio della vita, quindi la vita stessa. "è quello che accade quando una forza inarrestabile incontra un oggetto inamovibile."
Per me è questa l'originale -e a mio avviso insuperabile- grandezza del film. L'elogio della Schizofrenia in tutte le sue tinte, implicazioni e funzioni. Anche quelle di sopravvivenza e di continuità.
Annalaura

Anonymous said...

Annalaura,

innanzi tutto ti ringrazio per aver arricchito il post con un commento così approfondito e ben scritto.
Purtroppo adesso, dopo aver letto, mi trovo in partenza, quindi mi piacerebbe prendere un po di tempo per rispondere in maniera consona (e d adeguata ai tuoi sforzi) alle tue considerazioni.
A presto.

jacopo

Anonymous said...

Ciao Jacopo, ripassavo di qui e ti ringrazio per l'attenzione. Mi scuso per la prolissità del mio primo commento (ero in totale fibrillazione per aver da poco visto finalmente il film che mi ha sensorialmente e psichicamente conquistato **), ma quando una questione mi scorre dentro appassionata, le parole si susseguono a raffica senza che me ne renda conto, e in pochi minuti mi ritrovo ad aver scritto "troppo" (niente "sforzi", figurati!^^)...attendo volentieri ulteriori tue considerazioni, mi fa sempre piacere confrontarmi con chi, avendo cognizione di causa e un apparato critico sviluppato come il tuo, difende punti di vista diversi dalla mia angolazione (specie se si è entrambi cinefili e appassionati del Joker! ^^)
Un saluto e a presto,
Annalaura

Jacopo Signani Corsi said...

Cara Annalaùra,

come promesso, sono tornato a confrontarmi con i tùoi profondi spùnti di riflessione, qùesta volta in maniera più attenta.
Il dramma delle "discùssioni" di matrice epistolare è sempre lo stesso, il pericolo di dare risposte a pùnti di vista non richiesti e di non darle laddove invece si annida la vera qùestione. Cercando di evitare qùeste insidie, qùindi, desidero scindere da sùbito le dùe tracce: qùella cinematografica e qùella filosofica. Se io, nel mio primo articolo, ho cercato di dare il mio pùnto di vista sùll'opera filmica in sè e sùlla sùa bontà d'intrattenimento, tù hai invece approfondito nello specifico la tematica che mi sento di riassùmere con "la necessarietà del rapporto tra bene e male", sottolineando le relazioni dialettiche tra le dùe forze , che peraltro condivido completamente. La mia affermazione "sappiamo che Batman vincerà e vivrà, Joker perderà e morirà" non voleva essere ùna considerazione qùalitativa e specifica, qùanto il genrico fil roùge che accomùna tùtte le narrazione di stampo sùpereorico, dai fùmetti ai consegùenti film basati sù di essi.
Qùel passo infatti si inseriva in ùn contesto in cùi sostenevo lo slancio critico di AO Scott nell'ipotizzare che qùesto filone cinematografico stia "mostrando l'osso", per le ragioni che ritroverai, se avrai voglia di rileggerlo, nell'articolo originale. Ho detto Batman e Joker, ma avrei potùto citare Sùperman e Lex Lùthor.
In conclùsione, sùl piano "filosofico" mi trovi completamente d'accordo, sù qùello cinematografico siamo piùttosto distanti. Credo che, sebbene lo sforzo di Nolan nel caricare ùn film popolare di significati più "alti" sia più che lodevole, il film manchi di qùella forza interiore propria dei grandi, che giammai hanno bisogno scendere a compromessi con lo spettatore per snocciolare i messaggi di cùi sono forieri. E' vero, non si poteva chiedere a Nolan (e ancor di più alla Warner) di fare ùn film troppo asciùtto con ùna franchigia come Batman, ma ciò non al, tera lo stato delle cose: Il Cavaliere Oscùro è ùn film di genere (pop), non è ùn film assolùto, perchè è la sùa natùra stessa che lo prevede. Non avrebbe potùto essere altrimenti, e qùesto non fa che rinsaldare la tesi di AO Scott, secondo cùi qùesto genere non pùò andare oltre ùn certo spessore. Batman è OBBLIGATO a sparare, a rincorrere, a volare, e tùtto ciò rappresenta ùn fardello irrinùnciabile che corrompe irrimediabilmente le intenzioni dell'aùtore. Immagina di dover scrivere la storia di ùna casalinga, per esempio, e di avere ùna magnifica serie di sentimenti e di pùlsioni da raccontare; immagina poi che qùesta signora sia anche capace di volare. Saresti obbligata a raccontarlo, anche se la cosa non trovasse alcùn legame con qùella che era la tùa immagine iniziale del racconto. In poche parole: se parli di ùomini devi stare dentro il loro recinto fenomenologico, se parli di sùpereroi devi fare altrettanto. Ed i confini dei sùpereroi sono molto più ristretti, checchè si possa credere.
Qùei messaggi che tù, così dolcemente, ricordi avrebbero dovùto trasparire dalla trama stessa, dall'intreccio, non da dialoghi forzati, chiaramente scritti per andare incontro al vastissimo pùbblico del film, che ovviamente comprende anche le frange di spettatori più "fracassone".
In 2001:A space Odissey, si approfondisce in maniera straordinaria ùn altro tipo di rapporto dialettico, qùello tra ùomo e macchina, però mai a poi mai Kùbrick (che non è Nolan) si è sognato di far riferimento esplicito a tale rapporto, perchè erano le immagini e l'intreccio stesso a farlo in maniera più che eloqùente. Qùesto è qùello che ha fatto di 2001 (e di molti altri) non film di genere ma film assolùti: The Shining non è ùn film del terore, è l'orrore stesso; Blade Rùnner non è ùn film di fantascienza, è la fantascienza stessa, Gli ùccelli non è ùn thriller, è l'angosicia stessa; Apocalypse Now non è ùn film di gùerra, è la gùerra stessa. E così via.
The Dark Knight è proprio ùn bel film, divertente, ma facciamo attenzione a non scomodare modelli di stùdio troppo elevati, perchè così finiamo per mortificare l'opera stessa di Nolan, che, di certo, aveva ben altre pretese.

Sperando di essere stato esaùriente, ti salùto

Jacopo

Alessandra said...

Sostanzialmente sono d'accordo col fatto che Il cavaliere oscuro non sia un vero e proprio capolavoro, però secondo me al di là dell'analisi sul fenomeno supereroistico e filosofico, si avvicina molto ad esserlo. Nel senso che a mio avviso Il cavaliere oscuro è contrassegnato da una serie di elementi se vogliamo dire "tecnici" che lo rendono davvero un grandissimo film, a partire dalla regia, passando per la sceneggiatura, senza contare le interpretazioni magistrali e la colonna sonora da brivido. Già questo baseterebbe di per sè per far assurgere alla pellicola il grado di, non dico capolavoro, ma quasi. Ne Il cavaliere oscuro c'è tutto quello che si può richiedere ad un'esperienza cinematografica piena: l'azione, il tormento, l'emozione, la suspance, il dramma, il caos, e via dicendo. Tornando invece alla riflessione di fondo, sostanzialemente mi accodo a Jacopo quando diche che, essendo Il cavaliere oscuro un film sull'uomo pipistrello, è per forza di cose "costretto" a "sottostare" a quelle che sono alcune regole del genere. Ciò non toglie che un film di genere non possa essere apprezzato come è successo con questa pellicola, il cui successo (non parlo in termini quantitativi di incassi, ma qualitativi di valore) credo sia completamente avulso dalla morte prematura di Ledger o dai guai legali di Bale.