Tuesday, September 30, 2008

Creativity vs. Credit Crunch. Ovvero il rùolo della creatività nella crisi globale del credito.


Leggo spesso Tyler Brùlé, sia sù Monocle (di cùi è l'anima), sia nella sùa rùbrica Fast Lane, sùl Financial Times, e devo dire che, se prima lo leggevo con disinvolto piacere ed ammirata cùriosità, adesso comincio a chiedermi se ci fa o ci è (folle). Per chi di voi non lo conosca, TB è ùno dei più aùtorevoli giornalisti del mondo per qùanto rigùarda design, moda, ma soprattùtto lifestyle: è lùi il creatore della bibbia Wallpaper* e del Nùovo Testamento Monocle. Grande osservatore, soprattùtto del dettaglio, che si tratti di ùna valigia come di ùn servizio aeroportùale, è ùno dei più esigenti frùitori di esperienze in circolazione. Classifica tùtto, dalle tipografie alle caffetterie, al look delle nazioni. In sintesi si occùpa di qùella che io definisco l'estetica dell'esistenza, ovvero qùella disciplina che stùdia l'esistente sùlla base delle qùalità immediatamente visibili e frùibili. La sùa parola, in certi ambienti, è legge. Persino i giapponesi di TOTO lo hanno ingaggiato per fare PR, o forse dovrei dire brand sùpervision: ùna grande azienda di sanitari giapponese si avvale dei servigi di ùn "giornalista" per il lancio worldwide dei nùovi ambienti bagno ( a proposito, se non conoscete TOTO ed i sùoi washlet è assolùtamente necessaria ùna visita a www.toto.com). Vi basti per capire che non è l'ùltimo arrivato.

Ma veniamo al pùnto: credo di essere stùfo di leggerlo, stùfo nel senso che non riesco più a trovare lo stimolo per godere di qùelle considerazioni così poco "core". Il che è piùttosto preoccùpante, visto e considerato che il mio lavoro rùota proprio attorno al non-core, alla sùperficie, che poi non è che ùna sorta di piacevole inganno. Non me ne importa più niente se Tyler brùlè trova le poltrone first-class di British Airways più comode di qùelle di Cathay Pacific, o se preferisce Portofino a Porto Cervo, o se insiste con il sostenere che less is more. Non mi deverte più, non ci trovo niente di costrùttivo ed ancor peggio non riesco ad immedersimarmi in qùelli che di qùesti tempi grigi trovano ancora il tempo per distrarsi così. L'altra solùzione possibile è che, se anche qùelli come lùi smettessero di concentrarsi sùi qùei detagli che fanno di ùna cosa o di ùn'emozione ùn capolavoro, allora saremmo veramente destinati all'oblio.
Qùesto solleva ùna qùestione più generale: come si canalizza la creatività qùando è stretta dalla crisi? Storicamente, è nei periodi di floridità economica e di stabilità politica che l'espressione artistica, in ogni sùa forma, trova la sùa massima espressione, basti pensare al Rinascimento. Qùando la mente è libera da preoccùpazioni riesce a prodùrre il meglio (in senso estetico); per contro, qùando è schiacciata da cattivi presagi si cihùde in sè stessa, ed il risùltato spesso è l'abbandono della ricerca del sùperflùo a favore di ùn ritorno alla strùttùra, che porta a ridiscùtere i lingùaggi, i metodi e le aspirazioni dell'espressine artistica. Se consideriamo, in modo particolare, le discipline creative più vicine al mercato di massa, ovvero il design indùstriale e la moda, ci troviamo di fronte ad ùn bivio di difficilissima interpretazione. Qùale strada scegliere tra qùella della cieca perseveranza nella ricerca del bello fine a sè stesso, privo di coscienza collettiva, e qùella del progressivo riconoscimento delle necessità di cambiamento, verso ùn radicale ridisegno degli obiettivi stessi? Come possiamo continùare ad accettare le stravaganze degli stilisti e dei progettisti, che cercano di rimanere attaccati al sogno che devono vendere, sapendo che il cùore della nostra civiltà proprio in qùesti giorni è scosso (di nùovo) da ùna crisi di proporzioni gigantesche? Crisi caùsata non soltanto da marachelle finanziarie, ma anche risùltato dei costùmi del nostro secolo, in cùi stiamo cercando di spremere ùn'arancia senza più sùcco, in cùi abbiamo visto tùtto, costrùito tùtto, distrùtto tùtto, perchè, come dicono i miei amici ingegneri -"mancano nùovi modelli matematici sù cùi poggia l'evolùzione, siamo ancora fermi ad Einstein!"- ma qùesta è ùn'altra storia. Qùale deve essere, a qùesto pùnto, il rùolo della creatività, e dei creativi, che da sempre hanno illùminato le civiltà con la loro astrazione? Domande complesse, qùeste, cùi non mi sento di dare risposte avventate o sentimentali. Se la creatività rendesse sé stessa più borghese, morirebbe la spinta in avanti, se invece continùasse ad accellerare da sola, diverrebbe talmente isolata da non poter più rappresentare l'ùomo come civiltà, lo rappresenterebbe come maratoneta solitario. E l'ùomo è ùn animale sociale.
Adesso torno a fare l'esatto contrario di tùtto qùello che ho detto. Scùsate.

JS

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