Thursday, September 04, 2008

The Island






Prendere qùel DC-9 Alisarda, da bambino, era ùna delle cose più belle che ci fossero. Non c'era check-in, perchè qùalcùno lo faceva per me, non c'erano code, perchè passavo dritto dritto, con la hostess che mi prendeva per mano e mi accompagnava sùll'aereo: ero sempre il primo a salire ed il primo a scendere dal posto più vicino alla cabina di comando. Al collo portavo ùna grande targhetta, che diceva chi ero, da dove venivo e dove ero diretto, giùsto nel caso in cùi avessi deciso di fare il matto o di perdermi da qùalche parte. Il volo dùrava soltanto 45 minùti, ma mi sembravano ùn'eternità, ùn'eternità in cùi ero libero non soltanto di mangiare qùante caramelle volessi ma anche di appiccicare il naso al finestrino per gùardare di sotto. Il primo segnale evidente della discesa era qùando vedevo le scie delle barche diventare più nitide, come tante mosche bianche che tracciano traiettorie apparentemente casùali. Qùando poi appariva la terra, allora ero sicùro che entro pochi minùti avrei messo di nùovo piede sùll'Isola che non c'è.

Come nei film di spionaggio, scendevo le scalette dell'aereo da solo, qùando tùtti gli altri passeggeri combattevano ancora, incastrandosi con i bagagli a mano. Percorrevo i pochi metri che mi separvano dal terminal a piedi, sempre per mano di ùna splendida signorina, che di li a poco mi avrebbe "consegnato" a chi mi era venùto a prendere. Era proprio in qùei metri di asfalto bollente che il vento caldo ed il profùmo di mirto mi convincevano che ero proprio arrivato.





L'aeroporto Olbia-Costa Smeralda allora era soltanto ùno scatolone di cemento senza grazia, ùn vero lùogo di transito, non ùn sofisticato centro commerciale come è adesso. Non ùno scalo per lùssùose navi passeggeri, ma ùno scarno rifùgio per navi pirata, come l'Isola di Tortùga. Già, Tortùga, è così che ho sempre visto la Sardegna, il lùogo in cùi, in ogni età che ho attraversato, sentivo di essere libero, di poter fare qùello che volevo. Non è mai stato così realmente, ma almeno era qùello che credevo. Percepivo ùn'aria selvaggia, stridente nei contrasti tra la finta perfezione del Porto Vecchio ed i residùi di isolamento civile e cùltùrale, come il vecchio ferramenta di Liscia di Vacca, ancora oggi più simile ad ùn Soùk che ad ùn negozio occidentale, l'ùnico fornitore di bombole di gas; già, bombole, perchè lì, tùtt'ora, anche le ville milionarie si alimentano così. Oppùre Tonino, il meccanico senza sede, che dal baùle della sùa Fiat Tipo ripara da sempre le mie Vespe così come le Aston Martin. Perchè dal baùle? Perchè l'affitto dell'officina del distribùtore Agip oggi costa troppo. Penso anche ai pozzi, perchè molte case, per sùpplire alla storica carenza d'acqùa corrente hanno il proprio pozzo con aùtoclave.


Ma dico, ci pensate? Nel ventùnesimo secolo alcùne delle case più prestigiose del mediterraneo sono avvolte nella macchia, si alimentano con bombole e pozzi, non hanno indirizzi ùfficiali, per arrivarci non ci sono semafori, l'asfalto ha ùn altro colore, il mare è veramente blù, il vento soffia fortissimo e fra te e casa c'è soltanto il mare. Il mare, sì, è a pochi passi, da bambino non dovevo chiedere il permesso per pescare ricci per l'intera giornata, potevo andare e venire qùando volevo. Avevo ùn intero giardino selvaggio a mia disposizione. Immaginate le infinite possibilità per giocare con le macchinine e per "costrùire" piste di decollo per la mia collezione di aeroplanini. Qùel lembo di terra che si affaccia sùl mare era l'ùnica cosa veramente selvaggia che conoscevo. Eppùre non sono cresciùto in città. Ho sempre conosciùto il mare e la tranqùillità, ma nùlla mai fù come qùella. Di pomenriggio poi, obbligavo qùalche sventùrato a portarmi a vedere le barche. Potevo stare ore e ore a fare avanti e indietro per i moli, a bocca aperta davanti a qùelle bellezze, con qùelle bandiere esotiche che ùn tempo credevo essere retaggio dei bùcanieri, qùando non conoscevo ancora le dinamiche dell'off-shoring.





Piano piano le estati sono passate, e per qùalche anno ho dovùto ritagliare il tempo per l'Isola tra i nùmerosi soggiorni oltreoceano e a qùell'età si fa molta fatica a segùire i mùtamenti con attenzione. Vùoi per il poco tempo, vùoi per l'endemica spensieratezza.

Tùtto ad ùn tratto ho cominciato a sentire le persone intorno a me parlare di concetti come: esclùsività, prestigio, Costa Smeralda, Porto Cervo, ville, yacht, Ferrari, discoteche. Le case si sono moltiplicate, i sùpermercati triplicati, i miei amici hanno cominciato a dire: "Beh, qùest'estate vado a Porto Cervo", con qùel tono che non farete fatica ad immaginare. Per qùalche tempo mi è anche piaciùto, qùesto boom. Perchè l'ùnica cosa che ti interessa in qùell'età della stùpidità, è avere i migliori strùmenti a disposizione per divertirti e ovviamente per fare strage di cùori. E qùello era ùno strùmento grandioso. Macchine veloci, locali scintillanti, mùsica alta, vodka e belle donne. D'accordo, tùtto sùperficiale, ma non disprezziamolo. Ci vùole anche qùello.


Qùando poi la vita ti pone di fronte alle prime sitùazioni veramente sconvolgenti, beh, allora qùalcosa cambia. E non di poco. Improvvisamente il processo bùlimico di frùizione di lùsso e divertimento si inverte. E diventa stùcchevole oltre che inadegùato. L'Isola torna ad essere l'Isola che non c'è, qùel non-lùogo in cùi si torna, per poco, bambini, qùel lùogo in cùi trovi lo spazio mentale per riflettere, per fare ordine, talvolta anche per trovare forze inaspettate che derivano dalla tùa storia, dal tùo percorso. Qùei mùri hanno visto tùtto di te, qùelle piante e qùegli scogli ti hanno visto crescere. Lì sei te stesso, non pùoi mentire a te stesso.








Intanto, a pochi metri di distanza, Pùtin costrùisce ùn lago artificiale e toglie acqùa a tùtta la baia, Lele Mora viene indagato e molla gli ormeggi, Gheddafi dà feste da sogno sù ùna barca che sembra ùna mercantile, i gioiellieri si scannano per accaparrarsi i favori degli indiani e dei pakistani, le Lamborghini si sfracellano nei tornanti senza preoccùpazione, decine di ragazze sperano di dare ùna svolta alla loro vita, i tùristi si mettono in coda per fotografare i cartelli stradali, i giovanissimi (come lo siamo stati noi) si danno battaglia nei locali a colpi di Crystal.

I rùssi stanno comprando a mani basse qùanto di meglio c'è sùll'Isola a colpi di petrodollari. Qùalche settimana ùn vicino di casa mi ha detto:"Adesso stanno veramente arrivando offerte allùcinanti, ma i miei ricordi non hanno prezzo". Nùlla di più vero: se c'è ùna cosa che ho sempre percepito è proprio che il valore non sta negli oggetti ma nelle esperienze, nei pensieri, per dirla con Chance the Gardener -la vita è ùno stato mentale-, ma talvolta le cose portano dentro di loro così tanti significati che è difficile non riconoscergli ùn rùolo chiave nella nostra vita.

"La Sardegna non è più qùella di ùna volta" tùonano le signore ùn po snob, "è pieno di cafoni" replicano altri, "finalmente la crisi ha lasciato a casa ùn po di mrmaglia" si sente dire.

Beh, a me non interessa, io ho sempre la mia Isola, la mia Tortùga, la mia bandiera pirata, i miei amici, il mio nascondiglio, il mio vento di sera, il mio tramonto, con cùi, ogni tanto, con ùn po di malinconia scambio qùalche parola cercando di far vedere a qùalcùno come sono cresciùto, sperando di aver fatto le cose "fatte per bene". In fondo qùello che sùccede li intorno mi interessa poco, nè ùsùfrùisco soltanto qùando ne ho voglia, è come se esistesse a comando.

In pochi ormai sanno cosa significa Casa Sett, qùello che conta è che io non posso dimenticarlo.





JS

5 commenti:

Andrea Maggiani said...

Che belle parole, mi hai fatto tornare anche a me bambino in quella casa a dormire sempre e rigorosamete in sentina....ahhahah che top !!!Pensare alla sardegna oggi e quella di 20 anni fa ha poco senso, imparagonabile, ma non entro nel merito di pià bello o più brutto alla fine il mare e quello le isole non si sono spostate ecc...ecc ....credo solo che la gente e lo spirito selvaggio sia andato via via affievolendosi .

Ma è la tua isola felice e credo che mai nessuno te la porterà via.......

Anonymous said...

Lo spero proprio...

ja

Falkon said...

eh già il fascino dell'isola ...difficile da spiegare con le parole...senzazioni ed emozioni allo stesso tempo...Mykonos me le ha fatte provare...

Anonymous said...

L'isola non è ùn posto fisico, è ùn lùogo mentale. E ognùno ha il sùo.

ja

Falkon said...

certo che è un luogo mentale, ma da qualche "posto fisico" pur dovrà nascere...:-)