Saturday, February 14, 2009

Il Sorpasso








Ebbene sì, ognuno ha degli angoli bui. Mi duole ammetterlo, ma prima di ieri sera non avevo mai visto per intero "Il Sorpasso" di Dino Risi. Deplorevole? Sì, ma purtroppo non avevo mai avuto l'occasione e mai ero andato a cercarmelo. L'ho incontrato per caso su SKY Cinema Classics in seconda serata, iniziato da due minuti e mi sono detto:"Guardo due scene e me ne vado a letto". Col cavolo, non sono riuscito a staccare gli occhi dallo schermo, mi è volato via talmente veloce che quando è finito ero addirittura innervosito. Complice anche il fatto che, almeno per adesso, SKY non interrompe i film con le pause pubblicitarie, che hanno reso di fatto impossibile guardare film in televisione.

Insomma, sono rimasto abbagliato, quasi senza parole. Come sempre, mi piace distinguere i significati dalla forma, quindi per prima cosa diciamo che "Il Sorpasso" è un film tecnicamente perfetto: veloce, turbolento; come vuole la teoria dei Road Movie non sta mai troppo in un posto solo e, come la splendida Lancia Aurelia che porta a spasso i protagonisti, corre forte attraverso i luoghi fisici e psicologici che Risi utilizza come lente d'ingrandimento per mettere a fuoco quell'Italia piaciona e disillusa che si preparava a vedere infranti i sogni del boom economico. La perfetta alchimia (fisica e chimica) tra Gassman e Tritignant e la visuale doppia che offrono permette di virare di continuo le situazioni ed i suoi punti di vista. La straordinaria caratterizzazione dei personaggi di contorno, fatta così, d'impatto, con una velocità ed una pregnanza sorprendenti, fa si che sia impssibile annoiarsi. Forse è proprio questa capacità di sintesi la cosa che mi ha sorpeso di più: Risi non spende mai una parola o un'inquadratura in più , perchè, è ovvio, la ridondanza non è proprio una virtù in quanto ad arte cinematografica. L'intorno è talmente ben definito che vive con i protagonisti della vicenda, sfiorando il documentarismo in alcuni passi (le danze in particolare) e facendo di sé il vero punto di forza del film.
Impossibile, poi, non notare le radici di quella vergognosa commedia italiana odierna: Christian de Sica si muove e parla come Gassman, l'attempato e ricco fidanzato della figlia parla come Nicheli nella celebre macchietta-Zampetti; l'impressione e che questa sia la madre di tute le commedie italiane ed è davvero stupefacente vedere come lievità e dramma possano convivere in un'opera asciutta, forte, a tratti epica come questa. Un'opera che traccia con eccezionale lucidità le ragioni della genesi della crisi morale che, da lì a poco, avrebbe aggredito l'Italia e i suoi costumi senza lasciarla mai più. Lo scontro tra la vecchia borghesia rurale, la neo industrializzazine del nord-italia, la cafoneria, il cinismo, il vuoto edonismo, lo smarrimento, le ambizioni della rafforzata classe proletaria, qui al suo principio, ci ricorda che il nostro Paese da allora proprio non è cambiato.

Nota a margine: non oso immaginare i turbamenti che creò la lolitesca Catheine Spaak negli animi degli italiani. Era di una bellezza travolgente.



JS





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