Monday, February 09, 2009

Voila, Monsieur Arnault!




Guardate questo breve video, da "Supreme Luxury: Moscow 2007", e fatevi due risate. Sebbene risalga a poco più di un anno fa, quando il credit crunch cominciava a palesarsi, il benemerito Sig. Arnault (presidente e fondatore del gruppo LVMH) qui dimostra una "vaga" miopia, sostenendo che l'uppper-end del mercato, quella servita dai brand LVMH, sarà soltanto "slightly affected by this crisis", sbagliando non soltanto a livello premonitivo, ma anche, a mio avviso, nella definizione stessa di lusso. Sono stati proprio i brand "aspirazionali", infatti, ad essere più colpiti dal calo dei consumi, quei brand di cui il portafoglio LVMH è pieno, quei brand i cui profitti sono storicamente alimentati dai consumi della classe medio-alta oggi in crisi profonda, di identità e di potere d'acquisto. I saldi senza precedenti applicati dai negozi LV ne sono lampante testimonianza. Uno dei primi paradigmi a cadere durante questa crisi sarà l'assimilazione dei brand aspirazionali (Gucci, Armani, Dior ecc..) all'universo dell'absolute luxury. Fino ad oggi il calderone del high-end ha accolto troppi ospiti ingiustificati, che hanno mostrato soltanto bran identities "pompate" come lasciapassare e così facendo hanno raccolto i favori di quella borghesia che amava vivere al di sopra delle propre possibilità, cercando conforto in questi brand di largo riconoscimento sociale.


Il lusso vero, invece, quello di Hermès per esempio, non conosce crisi, forte del suo reale plus in termini di storia, artigianato, valore intrinseco. Il lusso, in quanto a prodotti, non può comprendere articoli che si esauriscono, che necessitano di furibonde logiche di sostituzone semestrale per essere giustigficate e restare "alla moda". Il lusso, domani, tornerà a correre su due binari: commodities di ottima qualità al prezzo giusto (da sostituire spesso) e pezzi di grande pregio, dal sapore senza tempo, da portare con sé per una vita, dove il prezzo sarà molto elevato, ma anche molto giustificato. Vi siete mai chiesti perché sono proprio le persone con maggiore potere d'acquisto e con maggior consapevolezza culturale ad essere quelle meno avvezze al consuno di brand di lusso aspirazionale? E' semplice, perché quello non è lusso, è stress. Quelle persone, che conoscono davvero il lusso, sanno bene che il privilegio non sta di certo nell'affannarsi a fare shopping per sostituire la borsa, ormai obsoleta, della stagione precedente. Il lusso sta nella tranquillità di circondarsi di oggetti senza tempo, che non assillano con la loro presenza perché non invecchiano, non imbruttiscono, non si omologano. Qualche indulgenza o apretura verso la moda, poi, non è disonorevole, se fatta con il dovuto distacco psicologico.
Tutti i brand, dall'alto al basso, dovranno ridisegnarsi non attorno alla propria identità presunta, ma attorno ai loro prodotti, al loro prezzi, ai loro contenuti reali. Solo così torneranno competitivi.
Questione più delicata è invece quella attrono al comportamento dei mercati emergenti che, crisi a parte, stanno vivendo l'invasione dei brand così come il mondo occidentale l'ha vissuta 20-30 anni fa. In quei mercati, probabilmente, la scelta migliore sarà quella di mantenere la linea attuale finché anche lì non si esaurirà la febbre consumistica della nuova giovane classe media. Sorge quindi spontaneo riflettere sulle difficoltà che un brand potrebbe incontrare nel tener testa a due diverse, ed opposte, strategie di sviluppo.

JS

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