Thursday, January 31, 2008

Le grand marchè



Sull'attuale numero di Intramuros, prestigiosa rivista francese di design internazionale, si
dibatte del rapporto tra arte e design.
In una delle definizione più accreditate, design equivale ad applicazione di princìpi artistici a prodotti industriali. In estrema sintesi quindi, paragonare l'arte al design è come paragonare l'arte ad una sua diretta derivazione; è come paragonare l'automobile ad una Bentley. Si troverebbero pochi spunti di discussione. E' stata proprio questa riflessione che mi ha portato a riconoscere in questo fenomeno delle evidenti mostruosità semantiche. Forse non tutti sanno che da qualche anno a questa parte i più oti designer industriali stanno speculando in maniera massiccia sui prototipi, serie limitate e pezzi uncici, creando un enorme giro d'affari. Punta di diamante del fenomeno è stata la mostra di Marc Newson (Australiano, poco più che quarantenne) ospitata nella galleria newyorkese di Larry Gagosian, uno dei più potenti art dealer al mondo. Si dice che tra librerie, tavoli e poltrone (quasi tutte derivate da blocchi unici di marmo bianco di Carrara) il fatturato dell'operazione sia stato di 12 milioni di dollari in pochi giorni. E ho detto 12 milioni, per oggetti nuovi, per un designer vivo e vegeto, nel cuore della carriera. Christie's e Sotheby's hanno avuto di che sorprendersi. Quell'evento ha in qualche modo trascinato l'intero movimento facendo sì che designer più o meno noti si sbizzarrissero con "pezzi speciali", non sempre belli, quasi sempre overpriced. E' proprio questa categoria "di mezzo" che risulta incomprensibile, dal momento che così facendo il progettista si libera volontariamente dei vincoli industriali (fattibilità, prezzo, sostenibilità), che rappresentano poi la vera sfida che distingue un designer industriale da un artigiano e da un artista.
I prezzi dell'arte da sempre sono stati fissati da rigorosi principi che possono essere sommariamente riassunti in: valenza estetico-tecnica dell'opera e valore intrinseco dei materiali. I dipinti di Leonardo da Vinci appartengono alla prima fascia, il teschio tempestato di diamanti di Hirst appartiene alla seconda. Dal punto di vista dell'acquirente entrambi gli investimenti si rivelerebbero fruttuosi, solidi nel tempo. Si può dire lo stesso per una poltroncina di vetro di Naoto Fukasawa da 80.000 euro, la cui valutazione è chiaramente gonfiata dalla moda, forse passeggera, dei collezionisti di design? Forse si, forse no. La questione è chiaramente molto complessa, ma si riduce all'eterna disputa su quale sia l'esatta definizione Arte, su quali siano i suoi veri confini. L'unica cosa certa è che maggiore è il numero di persone interessate ad un'opera, maggiore è il suo valore, e se qualcuno ha pagato 890.000 dollari per il prototipo della Lockheed Lounge (Marc Newson) un motivo razionale dovrà pur esserci. Un altro fattore da tenere in considerazione è anche la mutata dignità del prodotto industriale e di chi lo disegna. Se fino al XIX secolo l'industria seriale veniva vista come fredda ed asettica risorsa al servizio della nuova classe borghese, oggi il panorama retrospettivo si è caricato di valori storici. Se prima la storia risiedeva soltanto nell'arte e nell'artigianato, oggi dobbiamo inserire anche la produzione seriale, che sta per compiere 100 anni. Se Fidia fosse vissuto nei nostri tempi non sarebbe stato un architetto, ma un designer, e non avrebbe disegnato fregi e statue ma prodotti industriali, che della scultura e dell'alto artigianato sono i veri eredi. Immaginiamo quindi di aver comprato a suo tempo un'opera di Fidia. Che valore
avrebbe oggi? Forse la risposta alle superquotazioni dei one off di Newson sta proprio qui. Fatto salvo che, come in ogni mercato emergente si annidano le fregature e le quotazioni menzoniere, quindi suggerisco ai novelli avventori di questo mercato di prestare molta attenzione agli autori e di affidarsi soltanto all'eccellenza.

JS

2 commenti:

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