Friday, November 28, 2008

Baz Luhrmann's Australia: Koons and Murakami's kitsch?



Manhola Dargis: "[...]Luhrmann's use of culturally degraded forms both here and in earlier films doesn't register as either conceptual strategy or a cynical commercial ploy or some combination of the two, as it can with art world jesters like Jeff Koons and Takashi Murakami, who have appropriated kitsch as a (more or less) legitimate post-modern strategy [...]"

Insomma, abbiamo capito che secondo lei Australia è un film sincero, un film che non utilizza gli espedienti estetici (kitsch?) su base programmatica, per ottenere il consenso del pubblico, ma è pura espressione, quasi un testamento, dell'amore di Luhrmann per il cinema, per la sua maestosità, per i suoi cliché da blockbuster. Prima di proseguire su questo argomento sarebbe quantomeno opportuno vedere il film, in uscita il 5 Dicembre.

Quindi passiamo alla seconda parte: cosa c'entrano Koons e Murakami con Baz Luhrmann?
Luhrmann è il cineasta del pop rivisitato, a volte del post-pop, spesso del retro-pop, è un tritatutto di immagini storiche e contemporanee, di retro-moderniso e di neo-retrò. Mette in scena vecchie immagini ripulite o nuove immagine sporcate. In Luhrmann è evidente il tentativo di stare dalla parte del pubblico, di mettere in vetrina, senza sottosignificati, tutti i significanti (SIGNIFICANTI!) che sono o sono stati a cuore a diverse generazioni di spettatori, lettori ed ascoltatori. Romeo vestito all'hawaiiana, "local god" rockettaro e da fotoromanzo (il miglio diCaprio di sempre), d'una tragicità immediata e contemporanea, un Moulin Rouge da luna park, tirato a lucido e mixato con una punta di tango; una Parigi cartoon ed una Verona Beach, come la più cool Miami Beach. Baz, figlio di proprietario di un cinema, è un vero amante dello spettacolo, della visione, dell'ascolto e dell'azione, ed ha a disposizione uno dei mezzi più versatili: il cinema. Ne ama la storia, i miti, le rappresentazioni più iconiche, ma gli piace anche Madonna, l'India, Shakespeare, è come un ragazzino che colleziona poster nella sua cameretta: Micheal Jordan con Bruce Springsteen, Marlene Dietrich, Nicole Kidman e Kurt Cobain. Crede nell'intrattenimento (memorabile le reinterpretazioni di "Smell like teen spirit" e "Lady Marmalade" in Moulin Rouge) e nel musical, nell'immagine e nel canto, nella recitazione e nel colore e fa del suo meglio per dare al pubblico una ricetta semplificata di ciò, ma soprattutto senza secondi fini critici.





Koons e Murakami sono anch'essi artisti figuativi post-pop, perchè reinterpretano il pop, ma attraverso un linguaggio critico. Koons ha sposato Cicciolina, ha avuto un figlio da lei, poi l'ha lasciata. Non credo che ami il pop come lo ama Luhrmann, piuttosto credo che lo odi, e lo renda grottesco per questo. I conigli-balloon sembrano teneri, ma quando li tocchi ti accorgi che sono di metallo fuso, sono duri e freddi, così come la (vuota?) cultura pop quando ti accorgi che brucia miti come fiammiferi. Il gigantesco cagnone di fiori o lo stesso coniglio gigante, non sono teneri puppies, sono grandissimi, ti guardano dall'alto verso il basso, sono moderni mostri, aggressivi ed onnivori. Poi, se vorrete dare un'occhiata alle opoere di Takashi Mukarami, vi sarà chiaro quanto, dietro ai coloratissimi cartoon ed anime tridimensionali, si celi un pessimismo orrorifico che poco ha a che fare con l'esaltazioni dei principi del pop. Laddove invece lo sguardo di Murakami si fa più lucido ed adulatorio, i segni pop restano comunque pervasi da un evidente senso critico. In Koons e Murakami quindi, mostrare il la cultura popolare espansa non è tesa all'esaltazione quanto alla critica ed alla degenerazione. I cartoon, i fumetti di Roy Liechtestein erano un'alta cosa, insomma. E Baz Luhrmann, rispetto a questi artisti è davvero lontano, soprattuto nelle intenzini, rappesentando un occhi buono e disincantato sulle "futilità" formali che tuonano nella nostra cultura postindustriale.
JS







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